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pensieri |
(834-835-836) |
Osserviamo quanti studi, quante invenzioni, quante ricerche, quanti viaggi per terra e per mare a remotissime parti, e combattendo infiniti ostacoli, sí della fortuna, sí (ch’é piú notabile) e massimamente della natura, per ridurci, quanto al corpo, nello stato presente, e procurarci di quelle stesse cose che ora si stimano essenziali alla nostra vita. Osserviamo quante di queste, ancorché già ritrovate, abbiano bisogno ancora dei medesimi travagli infiniti per esserci procacciate. Osserviamo quanto ancora ci manchi, quanto sia di scoperta recentissima o assolutamente o in comparazione dell’antichità della specie umana, quanto ogni giorno si ritrovi, e quanto si accrescono le cognizioni pretese utili alla vita, anche delle piú essenziali (come in chirurgia, medicina ec.), quante cose si ritroveranno e verranno poi in uso, che a noi avranno mancato e che i nostri (835) posteri giudicheranno tanto indispensabili quanto noi giudichiamo quelle che abbiamo. Domando se tutta questa serie di difficilissimi mezzi conducenti al fine primario della natura ch’é la felicità e perfezione delle cose esistenti e il loro ben essere, e massime de’ viventi e de’ primi tra’ viventi, entravano nel sistema, nel disegno, nel piano della natura, nell’ordine delle cose, nella primordiale disposizione e calcolo relativamente alla specie umana. Domando se nel piano nell’ordine nel calcolo de’ mezzi conducenti al fine essenziale e primario, ch’é la felicità e perfezione, mezzi per conseguenza necessari ancor essi, v’entrava anche il caso. Ora è noto quante scoperte delle piú sostanziali in questo genere e dell’uso il piú quotidiano e di effetti e applicazioni rilevantissime non le debba l’uomo se non al puro e semplice caso. Dunque il puro e semplice caso entrava nel sistema primordiale della natura; dunque ella lo ha calcolato come mezzo necessario; dunque (836) ella ne ha fatto dipendere il fine essenziale e primario; dunque si è contentata che, non ac-