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pensieri |
(830-831-832) |
non potersi perfezionare il corpo dell’uomo, anzi deperire nella civiltà, e quindi non darsi perfettibilità dell’uomo in quanto al corpo, la quale infatti niuno asserí né asserirebbe; tuttavia si sostiene la sua perfettibilità infinita in quanto all’animo, quando intorno al corpo, volendo anche prendere per perfezioni quelle che oggi si credono tali, e in natura sono la maggior parte il contrario, certo però la perfettibiltà sarebbe finitissima. I quali tutti, in luogo di accorgersi della loro infelicità, hanno anzi creduto (831) e credono e si accorgono molto meno di essere infelici di quello che noi facciamo a riguardo nostro; e molto meno lo erano e lo sono, sí per questa credenza, come anche indipendentemente. Non chiamerò in mio favore la setta cinica e l’esempio e l’istituto loro, diretto a mostrare col fatto di quanto poco e di quante poche invenzioni e sottigliezze abbisogni la vita naturale dell’uomo. Non ripeterò che, siccome l’abitudine è una seconda natura, cosí noi crediamo primitivo quel bisogno che deriva dalla nostra corruzione. E che molti anzi infiniti bisogni nostri sono oggi reali, non solamente per l’assuefazione, la quale, com’é noto, dà o toglie la capacità di questo o di quello e di astenersi da questo o da quello; ma anche senza essa per lo indebolimento ed alterazione formale delle generazioni umane, divenute oggidí bisognose di certi aiuti, soggette a certi inconvenienti e quindi necessitose di certi rimedi, che non avevano alcun luogo nella umanità primitiva. Cosí la medicina, cosí l’uso di certi cibi, di vesti diversificate secondo le stagioni, di (832) preservativi contra il caldo, il freddo ec., di chirurgia ec. ec. Lascerò tutte queste cose, e perché sono state dette da altri e perché potrebbero deridermi come partigiano dell’uomo a quattro gambe. Solamente ripeterò quel ragionamento che ho usato nella materia della perfettibilità mentale. Dunque, se tutto questo era necessario o conveniente alla perfezione e felicità dell’uomo, come