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192 pensieri (798-799-800)

i due pregi che consistono nelle parole e nelle cose. Disordini però tutti già tanto inoltrati in Italia e bisognosi di sí lunga opera e di tanto ingegno e  (799) giudizio e di tanta difficoltà a ripararli, che io con dolore predico che non se ne verrà certo a capo in questa generazione, e chi sa quando (giacché per rimetter davvero in piedi la lingua italiana, bisognerebbe prima in somma rimettere in piedi l’Italia e gl’italiani e rifare le teste e gl’ingegni loro, come lo stesso bisognerebbe per la letteratura e per tutti gli altri pregi e parti di una buona e brava e valorosa nazione, che con questi ingegni, con queste razze di giudizi e di critica, faremo altro che ristaurare la lingua). Perché, se si presume di averlo conseguito collo sbandire e interdire e precludere affatto la novità delle cose e del pensiero, lasciando stare che in fatti non si è conseguito un fico, perché, eccetto pochissimi, i piú puri e vuoti scrivono barbarissimamente, dico, non ostante l’amore ch’io porto a questa purità, e lo stimarla necessarissima, che il rimedio è peggio del male. Vero è che da gran tempo gli scrittori italiani puri ed impuri si sono egualmente dispensati dal pensare, e anche dal  (800) dire, talmente che, se alcuno de’ nostri scritti ci fosse pericolo che potesse passare di là da’ monti o dal mare, gli stranieri si maraviglierebbero sodamente come in questo secolo, in una nazione posta nel mezzo d’Europa, si possa scrivere in modo, che l’aver letto, si può dire, qualunque de’ libri italiani che ora vengono in luce, sia lo stesso né piú né meno che non aver letto nulla. Del resto il punto sta che la novità ch’io dico (e parlo in particolare della straniera) si sappia convenevolmente introdurre. Perché tutte le lingue antiche e moderne sono composte di elementi stranieri e pur tutte hanno avuto il tempo della loro purità e naturalezza; e potrà riaverlo anche l’italiana, non ostante l’aggiunta de’ molti nuovi e necessari elementi stranieri, purché si