182 |
pensieri |
(780-781-782) |
sempre fatto tutte le lingue cólte o non cólte e come si è sempre inculcato a tutte le lingue (781) cólte, ma, per lo contrario, perderà continuamente e scemerà e finalmente si ridurrà cosí piccola e povera e debole, che o non saprà piú parlare né bastare ai bisogni o ricorrerà alle straniere; ed eccoti per un altro verso che quello stesso preteso preservativo contro la barbarie, cioè la intolleranza della giudiziosa novità, la condurrebbe alla barbarie a dirittura. E per parlare particolarmente della lingua italiana, non vediamo noi negli effetti: 1°, quanto le lingue sieno soggette a perdere delle ricchezze loro; 2°, come, perdendo da una parte e non guadagnando dall’altra, la lingua, non piú per vezzo (che oramai il vezzo del francesismo è fuggito, anzi temutone da tutti gli scrittori italiani il biasimo e il ridicolo), ma per decisa povertà e necessità imbarbarisca? Prendiamoci il piacere di leggere a caso un foglio qualunque del vocabolario e notiamo tutte quelle parole e frasi ec. che sono uscite fuor d’uso e che non si potrebbero usare o non senza difficoltà. Io credo che né meno due terzi del vocabolario (782) sieno piú adoperabili effettivamente né servibili in nessuna occasione, né merce mai piú realizzabile. Queste perdute, infinite altre che, sebbene dimenticate e fuor d’uso, sono però ricchezza viva e realissima (come spesso necessarissima), perché chiare a chiunque e ricevute facilmente e naturalmente dal discorso e dagli orecchi di chi si voglia, ma tuttavia sono abbandonate e dismesse per ignoranza della lingua, la quale in chi maggiore, in chi minore, in quasi tutti si trova, perché il pieno possesso dell’immenso tesoro della lingua non appartiene oggi a nessuno, neanche de’ piú stimati per questo, finalmente la mancanza delle voci nuove, adatte e necessarie alla novità delle cose, costringono gli scrittori d’oggidí a ricorrere alla barbarie, trovando la lingua loro del tutto insufficiente ai loro concetti, benché sempre poverissimi, triti, or-