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160 | pensieri | (740-741-742) |
Della lingua latina non si può dire la stessa cosa che ho detto della greca. E tuttavia mi par di vedere che la primitiva proprietà, natura, essenza ed organizzazione della lingua latina, fosse ottimamente ordinata e disposta a produrre lo stesso effetto. Ma questo (741) non seguí per le ragioni che son per dire. Non andrò ora cercando se le radici latine (dico primitive e pure latine) sieno cosí copiose come le greche. Il commercio e la diffusione dei greci, il molto maggior tempo ch’essi durarono e con essi i loro studi e la loro lingua, li pose in grado di accrescer le loro cognizioni, e quindi le loro radici, molto piú che i latini, popolo ristretto in brevi limiti, finattanto che col resto del mondo non conquistò anche la Grecia; ma allora i progressi delle sue cognizioni, del suo dominio, del suo commercio, non giovarono a quello delle sue radici; certamente questo non corrispose a quell’altro, per la ragione che dirò poi. Vedi in questo proposito Senofonte Αθηναί πολιτείας κεφ. β § ῄ.
Lasciando le radici, osserverò che la stessa immensa facoltà dei composti che si ammira e rende piú che altra cosa inesauribile la lingua greca, l’aveva ancora ne’ suoi principii la lingua latina, e l’ebbe per lungo tempo, cioè per lo meno sino a Cicerone, il quale principalmente (742) fissò, ordinò, stabilí, compose, formò e determinò la lingua latina. Ponete mente a ciascuna delle antiche e primitive radici latine, e vedrete in quante maniere, con quanto piccole giunte e variazioni sieno ridotte a significare diversissime cose per mezzo di composti, sopraccomposti, ossia decomposti e derivati, o di metafore, nello stesso modo appunto che la lingua greca per gli stessi mezzi si rende atta a dir tutto e chiaramente e propriamente e puramente e facilissimamente. Osservate per esempio il verbo duco o facio e consideratelo in tutti i suoi derivati o composti e sopraccomposti, e in tutti i loro e suoi significati ed usi o propri o metaforici, ma però sempre cosí usitati,