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142 pensieri (705-706-707)

è la stessa cosa che l’affettazione; e l’affettazione è la peste d’ogni bellezza e d’ogni bontà, perciò appunto che la prima e piú necessaria dote sí dello scrivere, come di tutti gli atti della vita umana, è la naturalezza (28 febraio 1821).


*    Alla p. 694. Perché la lingua non era ancora formata né stabilita, né il suo corpo ordinato e neppure la sua grammatica. Essi la formavano, ma per forza del tempo e  (706) di circostanze accidentali ed estrinseche, non come Omero per forza del suo proprio ingegno formava l’epopea (eccettuo però Dante, Petrarca e il Boccaccio; e nel secondo massimamente ritrovo una forma ammirabilmente stabile, completa, ordinata, adulta, uguale e quasi perfetta di lingua, degnissima di servire di modello a tutti i secoli quasi in ogni parte). Quindi non è maraviglia se quel trecentista andava per una strada, quest’altro per un’altra; se non ci è maggiore difficoltà che mettergli d’accordo tra loro, e coll’ordine della lingua, anche in cose essenziali, e ordinare la forma e i precetti della lingua sopra i trecentisti; se formicano d’imperfezioni e di scorrezioni; se non sono uguali neppure, né in verun modo, a se stessi ec. ec. ec. Formata che fu la lingua, allora divenne possibile, necessaria e difficilissima la perfezion sua; la qual perfezione da nessun secolo è stata portata né in cosí alto grado né in tanta universalità come nel cinquecento.  (707) Ed ecco in qual senso e per quali ragioni io dico che il cinquecento fu il vero ed unico secol d’oro della nostra lingua, cioè rispetto all’adoprarla, dove che il trecento l’avea preparata; rispetto allo spendere quel tesoro che il trecento avea magnificamente e larghissimamente accumulato; e in tal maniera che della lingua sarà sempre poverissimo chi non si provvederà immediatamente a quel tesoro, essendo veramente il trecento la sorgente ricchissima, inesausta e perenne della nostra lingua;