(695-696-697) |
pensieri |
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generi e di soggetti e di scrittori nelle scritture piú familiari e usuali ec., insomma con tutte quelle particolarità che ho notate quanto alla lingua p. 691. Collo studio e la giusta applicazione delle norme greche e latine, lo stile del cinquecento generalmente aveva acquistato tal nobiltà e dignità e tant’altra copia di pregi, che quasi era venuto alla perfezione, eccetto principalmente una certa oscurità ed intralciamento, derivante in gran parte dalla troppa lunghezza de’ periodi, e dalla troppa copia (696) delle figure di dizione, e dall’eccessivo ed eccessivamente continuato concatenamento delle sentenze; vizio tutto proprio di quel secolo, il quale voleva forse con ciò dare al discorso quella gravità che ammirava ne’ latini, ma che si doveva conseguire con altri mezzi (quali sono quegli altri molti che lo stesso secolo ha ottimamente adoperati); vizio ignoto si può dire al trecento, e a tutti gli altri secoli ancorché viziosissimi: vizio provenuto anche dal soverchio studio dei latini, la cui imitazione è pericolosa per questa parte ancora, come per le trasposizioni; vizio che avrebbe potuto molto correggersi con un maggiore studio de’ greci, ma principalmente degli ottimi e primi, perché i piú moderni declinarono anch’essi, sebbene valenti, a questo difetto e ad un’indole di scrittura piú latina che greca; vizio che non saprei se appartenga piú allo stile ovvero alla lingua; vizio finalmente che se non togliere, certo si può moltissimo (697) alleggerire con una diversa punteggiatura, come si è fatto da molti presso i latini, i quali pure ne avevano gran bisogno, tanto per la lunghezza de’ periodi talvolta, i quali si sono divisi col mezzo de’ punti, quanto massimamente e sempre per la qualità della loro costruzione. La detta perfezione prima o dopo quel secolo non si è mai veduta in nessunissimo stile né italiano né forestiero, dai latini in poi (dico quanto allo stile, non ai pensieri); nessun’altra nazione ci è pervenuta in veruno