(691-692-693) |
pensieri |
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Questo è ben altro che ammirare la felicità della Francia, dove tutti appresso a poco scrivono bene quanto alla lingua. Considerate quello che ho detto altrove del sommo divario fra la nostra lingua e la francese, e non vi parrà poca meraviglia che una lingua cosí difficile, varia, ricca, immensa, pieghevole e subordinata allo scrittore, come l’italiana, trovasse un secolo, dove tutti o la massima parte la scrivessero bene e questo in ogni sorta di soggetti e di stili, in ogni qualità di scrittori e anche in quelle cose che si scrivevano e si scrivono correntemente e senza studio come lettere e cose tali, dove il cinquecento è sempre quasi (692) perfetto modello della buona lingua italiana a tutti i secoli. Diranno che anche nel trecento accadeva lo stesso. Voglio lasciar passare questa proposizione, che ben considerata parrà forse falsissima. Ma supponendo che sia verissima, che maraviglia che scriva bene chi in questo medesimo, che egli scrive, porta inseparabilmente la ragione dello scriver bene? Giacché noi diciamo che i trecentisti scrivevano bene, per ciò appunto ch’erano trecentisti; e indistintamente tutto quello ch’é del trecento, o imita e somiglia la scrittura di quel secolo, si approva e si dice bene scritto, perché appartiene al trecento. E si dà a quel secolo autorità di regolare il nostro giudizio intorno alla bella lingua italiana, non a noi di giudicare se quel secolo usasse una bella lingua. Io so e dico che la usava bellissima e do ragione e lodo quelli che colle debite restrizioni e condizioni fanno degli scrittori del trecento i modelli (693) o il fondamento e la sorgente della buona lingua italiana di tutti i secoli. Quest’autorità l’hanno avuta tutti i padri di tutte le buone e belle lingue, come della latina ec.; e l’hanno avuta non già per capriccio o pregiudicata opinione de’ successori, ma per la forza della natura che operava in quei padri effettivamente, e perché la natura è la massima fonte del bello. Ma non perciò le dette qua-