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106 pensieri (637-638)

mi pare un emblema cosí conveniente e preciso, e nel tempo stesso cosí profondo della natura dell’uomo e delle cose, della nostra destinazion vera su questa terra, del danno del sapere, della felicità che ci conveniva; che, unendo questa considerazione al manifesto significato del nome di Psiche, appena posso discredere che quella favola non sia un parto della piú profonda sapienza e cognizione della natura dell’uomo e di questo mondo. Vedi quest’allegoria notata, e sebbene non profondamente, tuttavia bastantemente spiegata nel morceau détaché di Mad. Lambert intitolato Psyché en grec. Ame. (cosí) dans ses Oeuvres complètes citées ci-dessus, p. 284-285. E forse l’allegoria sopraddetta sarà stata osservata anche dagli altri, e cosí credo. Certo è che o la non significa nulla o significa quel ch’io dico e mostra che il mio sistema piacque agli antichissimi: con altro sistema la non si spiega. Del resto combinando quest’osservazione, col racconto della Genesi,  (638) dove l’origine immediata della infelicità e decadimento dell’uomo si attribuisce manifestamente al sapere, come ho dimostrato altrove, mi si fa verisimile che in somma queste gran massime: l’uomo non è fatto per sapere, la cognizione del vero è nemica della felicità, la ragione è nemica della natura, ultimo frutto ed apice della piú moderna e profonda e della piú perfetta o perfettibile filosofia che possa mai essere, fossero non solamente note, ma proprie e quasi fondamentali dell’antichissima sapienza, se non altro di quella arcana e misteriosa, come l’orientale, e come l’egiziana dalla quale è chi pretende derivata, almeno in parte, la mitologia e la sapienza greca (10 febbraio 1821).


*    Vorranno i puristi che, quando manca alla lingua nostra il vocabolo di una tal cosa, piuttosto che formarne uno nuovo, o adottarne uno straniero o derivarne uno da lingue antiche, si usino circollocuzioni. Lascio