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(427-428) pensieri 463

potrà ingegnosamente e sodamente intendere quel punto in cui la ragione e il sapere divenuti affatto soverchianti e preponderanti aveano incominciato una devastazione e una rivoluzione micidiale nell’uomo e una mortificazione generale dei popoli cólti e degl’individui. In maniera che quello era il punto in cui, se esiste un Dio che curi le cose umane, una grande rivelazione del vero relativo all’uomo diveniva precisamente e per la prima volta necessaria.


*   E il cristianesimo fece certo un gran bene e sostenne il mondo crollante, sovvenendo con una medicina composta della ragione, alla malattia mortale cagionata da essa ragione. Ma, appunto perché la medicina era composta di ragione e perché le origini del cristianesimo furono quelle che ho spiegate, cioè il guasto fatto dalla ragione e la necessità di un rimedio ragionevole, perciò  (428) quel rimedio era bensí l’unico applicabile a quei tempi e giovò, ma relativamente al peggiore stato in cui si era, non a quello anteriore al male. Giacché questo era necessariamente piú naturale e quindi piú conducente alla felicità di quaggiú. E infatti la vita, sebben tornò ad esser vita, fu però molto minore, meno attiva, meno bella, meno varia e precisamente piú infelice, giacché il cristianesimo non aveva insegnato all’uomo che la vita è ragionevole e ch’egli deve vivere, se non insegnandogli che deve indirizzar questa ad un’altra vita, rispetto alla quale solamente è ragionevole questa vita; e che questa sarebbe necessariamente infelice.


*   Ma il detto effetto non fu colpa del cristianesimo, ma delle cause che aveano, come si è detto, prodotta la necessità di questo rimedio; cause che presto o tardi doveano necessariamente emergere dall’andamento che avea preso la ragione (ossia dalla superiorità che aveva acquistata e che dovea naturalmente