l’opposizione intrinseca, ch’ella ha colla nostra felicità (vedi p. 304, capoverso 2). Questa è tutta la perfettibilità dell’uomo, conoscersi incapace affatto a perfezionarsi, anzi ch’essendo egli uscito perfetto sostanzialmente dalle mani della natura, alterandosi non può altro che guastarsi. Ora la religione confonde appunto la nostra ragione, gli mostra la sua insufficienza, la corruttela che ha introdotto nell’uomo e l’impossibilità ch’ell’ha di felicitarci: ed ecco la perfezion della ragione. Perché queste cose l’uomo non le avrebbe conosciute nel suo stato primitivo, ma, prevaluta la ragione, egli non può giungere a maggior perfezione che di conoscere l’impotenza e il danno della ragione. La perfezion della ragione consiste a richiamar l’uomo quanto è possibile al suo stato naturale; ritorno ch’essendo fatto mediante quella ragione stessa che ha corrotto l’uomo, ed avendo il suo fondamento in questa medesima corruttrice, non può piú equivalere allo stato naturale, né per conseguenza alla nostra perfezion primitiva, né quindi proccurarci quella felicità che ci era destinata. Ma con tutto ciò, riguardo a questa vita, è la miglior condizione che l’uomo possa sperare. Ed ecco che la religione favorisce infinitamente (408) la natura, come ho detto in parecchi altri luoghi, stabilisce moltissime di quelle qualità ch’eran proprie degli uomini antichi o piú vicini alla natura, appaga la nostra immaginazione coll’idea dell’infinito, predica l’eroismo, dà vita, corpo, ragione e fondamento a mille di quelle illusioni che costituiscono lo stato di civiltà media, il piú felice stato dell’uomo sociale e corrotto insanabilmente: stato dove si concede tanto alla natura, quanto è compatibile colla società. Osservate infatti che lo stato di un popolo cristiano è precisamente lo stato di un popolo mezzanamente civile. Vita, attività, piaceri della vita domestica, eroismo, sacrifizi, amor pubblico, fedeltà privata e pubblica degl’individui e delle