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(393-394) | pensieri | 441 |
cose che hanno fatte, vedute ec. o che loro sono accadute, si lodano, si compiacciono, predicano ed ammirano ad alta voce le cose che fanno, e non v’é per loro tanta solitudine ed inazione materiale, che non sia piena società, conversazione ed azione spirituale; società ed azione non languida né passeggera, ma energica, presente, simile al vero, accompagnata anche da gesti e movimenti fisici d’ogni sorta, durevole ed inesauribile (9 dicembre 1820).
* Il mio sistema intorno alle cose ed agli uomini e l’attribuir ch’io fo tutto o quasi tutto alla natura, e pochissimo o nulla alla ragione, ossia all’opera dell’uomo o della creatura, non si oppone al cristianesimo.
1°. La natura è lo stesso che Dio. Quanto piú attribuisco alla natura, tanto piú a Dio: quanto piú tolgo alla ragione, tanto piú alla creatura. Quanto piú (394) esalto e predico la natura, tanto piú Dio. Stimando perfetta l’opera della natura, stimo perfetta quella di Dio; condanno la presunzione dell’uomo di perfezionar egli l’opera del creatore; asserisco che qualunque alterazione fatta all’opera tal qual è uscita dalle mani di Dio non può esser altro che corruzione. Laddove coloro che si credono piú amici della religione, attribuendo tutto o quasi tutto alla ragione, fanno dipendere la massima e principal parte dell’ordine umano ed universale dalle facoltà della creatura. Sostenendo la perfettibilità dell’uomo, sostengono che l’opera della natura, cioè di Dio, era imperfetta; che l’uomo può essere perfezionato non già da Dio, ma da se stesso; che per conseguenza la perfezione o felicità della prima delle creature terrestri derivi e debba derivare da essa e non da Dio.
2° Io ammetto anzi sostengo la corruzione dell’uomo, e il suo decadimento dallo stato primitivo, stato di felicità; come appunto fa il cristianesimo.