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(375) pensieri 427

i francesi che si credono i soli maestri e modelli e conservatori e zelatori dello scriver classico a’ tempi moderni, non so in qual classico antico abbiano trovato questo costume, per cui non si sa essere elegante né eloquente senza andare a quella perpetua, dirò cosí, traslazione e μετεωρία e concitazione di stile, ch’è propria della poesia. (L’eloquenza di Bossuet, è appunto di questo tenore; tutta biblica, tutta in un gergo di convenzione; e lo stile biblico, e questo gergo forma l’eloquenza e l’eleganza ordinaria d’ogni sorta di scrittori francesi oggidí). Non mai sedatezza, non mai posatezza, non semplicità, non familiarità. Non dico semplicità né familiarità distintiva di uno stile o di uno scrittore particolare, ma dico quella ch’è propria universalmente e naturalmente della prosa, che non è uno scrivere ispirato. Osservino Cicerone, osservino gli scrittori piú energici dell’antichità e mi dicano se c’è uomo cosí cieco che non distingua subito come quella è prosa non poesia: se ridotta questa prosa in misura, avrebbe mai niente di comune colla poesia, come accadrebbe nelle loro prose; se la prosa antica, la piú elegante, eloquente, energica, consiste, o no, in uno stile separatissimo dal poetico. Anche i loro scrittori de’ buoni secoli, sebbene la lingua francese ha sempre inclinato a questo difetto,  (375) nondimeno hanno un gusto e un sapore di prosa molto maggiore e piú distinto, eccetto pochi, hanno non dico austerità, neanche gravità né verecondia (pregi ignoti ai francesi) ma pur tanta posatezza e castigatezza di stile quanta è indispensabile alla prosa: come la Sevigné, Madame Lambert, Racine e Boileau nelle prose, Pascal ec. Anzi, letto Pascal, e passando ai filosofi e pensatori moderni, si nota e sente il passaggio e la differenza in questo punto, (2 decembre 1820). Vedi p. 477, capoverso 1.


*   La ragione è nemica della natura, non già quella