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(355-356) | pensieri | 413 |
porta l’età della morte, ma il modo: e perciò soleva sempre informarsi curiosamente se erano morti bene secondo la religione, o, quando erano malati, se mostravano rassegnazione ec. E parlava di queste disgrazie con una freddezza marmorea. Questa donna aveva sortito dalla natura un carattere sensibilissimo, ed era stata cosí ridotta dalla sola religione. Ora questo che altro è se non barbarie? E tuttavia non è altro che un calcolo matematico, e una conseguenza immediata e necessaria dei (356) principii di religione esattamente considerati; di quella religione che a buon diritto si vanta per la piú misericordiosa ec. Ma la ragione è cosí barbara che dovunque ella occupa il primo posto, e diventa regola assoluta, da qualunque principio ella parta, e sopra qualunque base ella sia fondata, tutto diventa barbaro. Cosí vediamo le tante barbarie delle religioni antiche, se ben queste fossero figlie dell’immaginazione. E anche senza i principii religiosi è pur troppo evidente che la sola stretta ragione ci porta alle conseguenze specificate di sopra. Non c’é che la pura natura la quale ci scampi dalla barbarie, con quegli errori ch’ella ispira e dove la ragione non entra. S’ella ci fa piangere la morte dei figli, non è che per un’illusione, perché perdendo la vita non hanno perduto nulla, anzi hanno guadagnato. Ma il non piangerne è barbaro e molto piú il rallegrarsene, benché sia conforme all’esatta ragione. Tutto ciò conferma quello ch’io soglio dire, che la ragione spesso è fonte di barbarie, anzi barbarie da se stessa, l’eccesso della ragione sempre; la natura non mai, perché finalmente non è barbaro se non ciò che è contro natura (25 novembre 1820); sicché natura e barbarie son cose contraddittorie, e la natura non può esser barbara per essenza.
* Alla p. 343. Vedilo ancora sulla fine del capo 5, da quel passo abbastanza lungo di Rousseau, Tutto