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(342-343) pensieri 403

vare che la parte piú oziosa della società è appunto quella la cui sostanza consiste in terre.


*   Quanto sia vero che i doveri e la morale determinata non provengano da legge naturale né sieno fondate sopra idee innate e comuni a tutti gli uomini, si può anche vedere per questo esempio. Il rispetto e l’immunità degli araldi, considerati antichissimamente come persone sacre e inviolabili e da Omero chiamati cari a Giove, entra nel diritto cosí detto universale delle genti e l’abitudine ce la fa riguardare come un dover naturale. Ora mettiamoci coll’immaginazione nello stato di natura, e vedremo che l’uomo non ha nessuna ripugnanza di far male al suo nemico sotto qualunque aspetto se gli presenti, come non l’hanno gli altri animali, perché il nemico è sempre nemico e l’uomo inclina a nuocergli quanto e come e quando e dove mai possa. Cosí che l’inviolabilità degli araldi non è fondata sull’istinto, non è insegnata dalla natura, ma è legge (343) di pura convenzione, cagionata dall’utilità e necessità sua, utilità e necessità riconosciuta dalla ragione e per via d’argomento, non istillata e ingenita negli animi dalla natura senza bisogno di riflessione. E cosí il diritto delle genti, che si crede naturale, vediamo per questo esempio che contiene una legge di pura convenzione, la quale, prima ch’esistesse, non era colpa il contravvenirle, come si sarà mille volte fatto. In questo proposito ecco alcune parole dell’Essai sur l’indifférence en matiére de religion, alquanto dopo la metà del capo 4. Diciamolo pure, giacché non v’ha verità piú sconosciuta e piú importante: la religione dei popoli è tutta la loro morale. Questo, per notarlo di passaggio, dopo aver nei capi precedenti voluto provar la religione colla morale, come fondamento di essa morale, e deriso Hobbes che toglie la coscienza e dice che in natura non ci sono doveri. E qui viene a dire che la