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(247-248-249) pensieri 341

ed esatta della cosa piacevole (quando anche questa cognizione non riveli nessun difetto nella cosa, anzi ce la faccia giudicare più perfetta di quello che credevamo, come accade nell’esame delle opere di genio, che scoprendo (248) tutte le bellezze, le fa sparire), la matematica, dico, dev’esser necessariamente l’opposto del piacere (18 settembre 1820).


*    L’occupazione della società, come quella che offre la società francese, riempie veramente la vita, la riempie dico materialmente, ma non lascia cosí poco vuoto nell’animo come la occupazione destinata a provvedere ai propri bisogni, ch’era quella dell’uomo primitivo. E la sera l’uomo che ha passata la giornata tutta intera nel mondo il piú vivo vario e pieno e ne’ divertimenti anche meno noiosi, e che si trova anche senza cure e dispiaceri, ripensando alla giornata passata e considerando la futura, non si trova di gran lunga cosí contento e pieno, come colui che considera i bisogni ai quali ha provveduto e fa i suoi disegni sopra quelli a’ quali provvederà l’indomani. Qualche cosa di serio è necessario che formi la base della nostra occupazione per condurci ad una certa felicità (piú o meno serio, secondo gl’individui), e se bene tutte le cose sono ugualmente importanti per se stesse e il nostro fine sia sempre il piacere, nondimeno il puro spasso non è mai capace di soddisfarci. La cagione è che ci bisogna un fine dell’occupazione, uno scopo al quale mirare, acciocché al piacere dell’occupazione si aggiunga quello della speranza, che bene spesso forma essa sola il piacere dell’occupazione. Vedi gli altri miei pensieri in questo proposito. (249)


*    Gli Egesiaci (ramo della setta cirenaica) dicevano, secondo il Laerzio (in Aristippo l. 2, segm. 95), τόν τε σοφὸν ἑαυτοῦ ἕνεκα πάντα πράξειν. Questa potrebb’esser la divisa di tutti i sapienti moderni, in quanto sapienti.