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(218-219) pensieri 319

di un movimento forte, sublime e straordinario, ed io son tutto sulle mosse per seguitarlo, trovo che non c’é da far altro, e ch’egli è già tornato a parler comme tout le monde. Cosa che produce una grande pena e disgusto e secchezza nella lettura. Questo non ha che fare colle inuguaglianze proprie dei grandi geni. Nessun genio si ferma cosí presto come Bossuet. Si vede propriamente ch’egli è come incatenato e fa sforzi piú penosi che grandiosi per liberarsi. E il lettore prova appunto questo medesimo stato. E perciò volendo convenire che Bossuet sia stato veramente un genio, bisogna confessare che tentando di domar la sua lingua e la sua nazione, n’é stato domato. Me ne appello a tutti gli stranieri e italiani. Se non che la voce di tutta la Francia ha tanta forza che forma il giudizio d’Europa. E il ridirsi è quasi impossibile. Sicché queste parole intorno a Bossuet sieno dette inutilmente (20 agosto 1820).


*   Non è cosa cosí dispiacevole come il vedere uno scrittore, dopo intrapreso un gran movimento, immagine, sublimità ec., mancar come di fiato. È cosa che in certo modo rassomiglia agli sforzi impotenti di chi si vede che vorrebbe esser grande, bello ec. nello scrivere e non può. Ma questa è piú ridicola, quella piú penosa. In Bossuet l’incontri a ogni momento. Una grande spinta; credi che seguiterà l’impulso, ma è già finito. Quando anche  (219) il seguito del suo parlare sia forte, magnifico ec., non è piú fuoco naturale, ma artifiziale e preso dai soliti luoghi. Lascio quando Bossuet non ha niente di vita neppur momentanea e queste lacune sono immense e frequentissime. Perché, se la morale ch’egli sempre predica è sublime, sono sublimità ordinarie e appartengono al consueto stile degli oratori, non hanno che fare coll’entusiasmo proprio e presente. Ma tu vorresti ch’egli esaurisse l’affetto ec. Non mi state a insegnare quello che tutti