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(190-191) | pensieri | 295 |
che alle arti, per esempio, ai paesaggi fiamminghi paragonati a quelli del Canaletto veneziano (vedi la Dionigi, Pittura de’ paesi), alle stampe di Alberto Duro, dove lo stento e l’accuratezza manifesta del taglio dà un colore uguale e monotono alla piú gran varietà di oggetti imitati nel resto eccellentemente e variatissimamente. Cosí accade che la negligenza apparente e l’abbandono, lasciando cader tutte le cose nella scrittura come cadono naturalmente (o in pittura, ec), sia certa origine di varietà, e quindi non istanchi come le altre qualità della scrittura ec., per esempio anche l’eleganza; giacché nessuna stancherà meno della disinvoltura.
* Dalle due sopraddette ragioni intendete perché la massima parte delle scritture e specialmente poesie francesi stanchino sopra modo. Il loro eterno stile di conversazione, 1° dev’essere infinitamente meno vario del naturale, come l’arte della natura; 2° dà un colore uniforme alle cose piú varie, ed un colore, ch’essendo estraneo alla cosa, risalta e stanca a brevissimo andare. Infatti osservate che le poesie francesi paiono tutte d’un pezzo per la grande monotonia, e il senso che producono è questo, d’una cosa dura dura e non pieghevole, né adattabile (191) a niente.
* Il suono dello j, e ge e gi francese è un suono distintissimo che manca alla nostra lingua, e forma effettivamente un’altra lettera dell’alfabeto. Né si può chiamare un composto di g, ed s: 1°, perché è distintissimo dal suono di ciascuna di queste due lettere; 2°, perché si pronunzia tutto in un solo istante, e non successivamente come noi italiani pronunzieremmo sgi o sghi o gsi, ma sibbene come il z, il quale è una lettera bella e buona distintissima dalle altre, e non un composto di t ed s. Osservate anche le due diverse pronunzie del z, l’una o l’altra delle quali manca, io