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(146-147) pensieri 253

col d’oro, è un esempio che ancora mi resta da vedere. Negli ottimi secoli i grandi scrittori avevano modelli del buono da seguire, ma non del cattivo da fuggire. Quelli possono giovare, questi nocciono. Dico che i cattivi scrittori che si avevano, sí come non formavano classe, perché il gusto universale era buono, si dimenticavano affatto, e si sapeva a un di presso in generale che non piacevano, piuttosto che perché non piacevano. Certamente l’idea de’ loro vizi non era specificata, né i difetti notati per minuto, e si vede infatti che anche sommi scrittori cadevano in difetti puerili. In somma la scienza del buono e del cattivo non era organizzata né sminuzzata. Il gusto naturale tenea luogo di tutto. Dopo la corruzione i letterati si rialzano tutti sbigottiti. Entrano gli scrupoli, le paure, le sottigliezze. Si pesa  (147) ogni cosa, si aguzzano gli occhi, si va col piede di piombo; ogni legge, ogni regola, ogni idea è ben definita e circoscritta; si prevedono tutti i casi; il gusto non è piú naturale, ma artefatto, o lo diviene, perché nessuno crede di potersi contentare del gusto naturale; l’arte e la critica vanno al sommo, la natura si perde (forse ella può piú nel secolo guasto che nel seguente), nascono opere perfette, ma non belle. (2 luglio 1820).


*   Tutto quello, si può dire, che i moderni viaggiatori osservano e raccontano di curioso e singolare nei costumi e nelle usanze delle nazioni incivilite, non è altro che un avanzo di antiche istituzioni, massimamente se quelle particolarità spettano alle classi cólte. Perché la natura, quando è piú libera, come anticamente, e ora in gran parte appresso il popolo, è sempre varia. Ma certamente nel moderno non troveranno niente di singolare né di curioso, e tutto quello che c’è da vedere negli altri paesi possono far conto di averlo veduto nel proprio senza viaggiare. Eccetto le piccole differenze provenienti