zione intiera, e non in un’adunanza cattedratica, e legislatrice, e in una dittatura. Primieramente non è facile il promuovere le opere di genio. Gli onori, la gloria, gli applausi, i vantaggi sono mezzi efficacissimi per promuoverle, ma non quegli onori e quella gloria che derivano dagli applausi di un’accademia. Gli antichi greci e anche i romani avevano le loro gare pubbliche letterarie, ed Erodoto scrisse la sua storia per leggerla al popolo. Questo era ben altro stimolo che quello di una piccola società tutta di persone coltissime e istruitissime dove l’effetto non può esser mai quello che si fa nel popolo; e per piacere ai critici si scrive, 1°, con timore, cosa mortifera; 2°, si cercano cose straordinarie, finezze, spirito, mille bagattelle. Il solo popolo ascoltatore può far nascere l’originalità la grandezza e la (146) naturalezza della composizione. In secondo luogo, se il promuovere il genio non giova, se gli sproni non l’aiutano, il freno l’ammazza, intendo un freno messogli dagli altri e non dal proprio giudizio. Se questo manca, non ci è rimedio; ma la magistratura letteraria non fa nascere le virtú letterarie, se non ci sono i buoni costumi, intendo il retto giudizio e il buon gusto. Ma se il gusto è corrotto, non gioverà il promulgarlo, il ristabilirlo ec.? Gioverà: voglio dire che le accademie riusciranno a fare che non si scriva piú male, ma non che si scriva bene. L’Arcadia fu stabilita per isbandire il seicentismo. Fu sbandito, ma lo stile Arcadico è un nome derisorio che si dà in Italia a quelle poesie che non sanno di carne né pesce. Ora che rimedio trovereste al cattivo gusto? Ripeto quello che ho detto nel principio dei miei pensieri. Quasi tutte le nazioni colte dopo il loro secol d’oro hanno avuto quello della corruzione e ne sono risorte. Ma dopo questo un numero di scrittori veramente grandi e paragonabili ai primi (dico in letteratura, non in fatto di pensieri, filosofia ec.), insomma un altro se-