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(86-87) | pensieri | 197 |
ralezza conserva l’ideale del bello e rende straordinario quello ch’è comune, cioè mostra ne’ suoi eroi un’anima grande e un’attitudine dignitosa, il che muove la maraviglia e (87) il sentimento profondo colla forza del contrasto, mentre nel romantico non potete esser commosso se non come dagli avvenimenti ordinari della vita, che i romantici esprimono fedelmente, ma senza dargli nulla di quello straordinario e sublime, che innalza l’immaginazione, e ispira la meditazione profonda e la intimità e durevolezza del sentimento. E cosí ancora si verifica che gli antichi lasciavano a pensare piú di quello ch’esprimessero, e l’impressione delle loro opere era piú durevole.
* Quando l’uomo veramente sventurato si accorge e sente profondamente l’impossibilità d’esser felice e la somma e certa infelicità dell’uomo, comincia dal divenire indifferente intorno a se stesso, come persona che non può sperar nulla, né perdere e soffrire piú di quello ch’ella già preveda e sappia. Ma se la sventura arriva al colmo, l’indifferenza non basta: egli perde quasi affatto l’amor di se ch’era già da questa indifferenza cosí violato, o piuttosto lo rivolge in un modo tutto contrario al consueto degli uomini: egli passa ad odiare la vita, l’esistenza e se stesso, egli si abborre come un nemico: e allora è quando l’aspetto di nuove sventure o l’idea e l’atto del suicidio gli danno una terribile e quasi barbara allegrezza, massimamente se egli pervenga ad uccidersi essendone impedito da altrui; allora è il tempo di quel maligno amaro e ironico sorriso simile a quello della vendetta eseguita da un uomo crudele, dopo forte lungo e irritato desiderio: il qual sorriso è l’ultima espressione della estrema disperazione e della somma infelicità. Vedi Staël, Corinne l. 17, ch.4,5me édition, Paris, 1812, p.184, 185. t. III.