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(82-83) pensieri 193

*   Io era oltremodo annoiato della vita, sull’orlo della vasca del mio giardino, e guardando l’acqua e curvandomici sopra con un certo fremito, pensava: S’io mi gittassi qui dentro, immediatamente venuto a galla mi arrampicherei sopra quest’orlo, e sforzandomi di uscir fuori, dopo aver temuto assai di perdere questa vita, ritornato illeso, proverei qualche istante di contento per essermi salvato e di affetto a questa vita che ora tanto disprezzo, e che allora mi parrebbe piú pregevole. La tradizione intorno al salto di Leucade poteva avere per fondamento un’osservazione simile a questa.


*    (83) La cagione per cui trovo nelle osservazioni di Mad. di Staël del libro 14 della Corinna, anche piú intima e singolare e tutta nuova naturalezza e verità, è, oltre al trovarmi io presentemente nello stessissimo stato ch’ella descrive, il rappresentare ella quivi il genio considerante se stesso, e non le cose estrinseche né sublimi, ma le piccolezze stesse e le qualità che il genio poche volte ravvisa in se, e forse anche se ne vergogna e non se le confessa, o le crede aliene da se e provenienti da altre qualità piú basse, e perciò se n’affligge; onde, con minore sublime ed astratto, ha maggior verità e profondità familiare in tutto quello che dice Corinna di se giovanetta.

     Quantunque io mi trovi appunto nella condizione che ho detta qui sopra, pur leggendo il detto libro, ogni volta che madama parla dell’invidia di quegli uomini volgari, e del desiderio di abbassar gli uomini superiori e presso loro e presso gli altri e presso se stessi, non ci trovava la solita certissima e precisa applicabilità alle mie circostanze. E rifletto che infatti questa invidia e questo desiderio non può trovarsi in quei tali piccoli spiriti ch’ella descrive, perché non hanno mai considerato il genio e l’entusiasmo come una superiorità, anzi come una pazzia, come