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106 pensieri (21-22)

siamo procurare; la poesia immediatamente, cioè somministrandocelo.


*    Cercava Longino nel fine del trattato del Sublime, perché al suo tempo ci fosse tanta scarsezza di anime grandi, e portava per ragione, parte la fine delle repubbliche e della libertà, parte l’avarizia, la lussuria e l’ignavia. Ora queste non sono madri, ma sorelle di quell’effetto di cui parliamo. E questo e quelle derivano dai progressi della ragione e della civiltà e dalla mancanza o indebolimento delle illusioni, senza le quali non ci sarà quasi mai grandezza di pensieri, né forza e impeto e ardore d’animo, né grandi azioni che per lo piú sono pazzie. Quando ognuno è bene illuminato, in vece dei diletti e dei beni vani, come sono la gloria, l’amor della patria, la libertà, ec. ec. cerca i solidi, cioè i piaceri carnali osceni  (22) ec., in somma terrestri, cerca l’utile suo proprio, sia consistente nel danaro o altro, diventa egoista necessariamente, né si vuol sacrificare per sostanze immaginarie, né comprometter se per gli altri, né mettere a repentaglio un bene maggiore, come la vita, le sostanze ec., per un minore, come la lode ec. (lasciamo stare che la civiltà fa gli uomini tutti simili gli uni agli altri, togliendo e perseguitando la singolarità, e distribuendo i lumi e le qualità buone, non accresce la massa, ma la sparte, sí che ridotta in piccole porzioni fa piccoli effetti). Quindi l’avarizia, la lussuria e l’ignavia, e da queste la barbarie che vien dopo l’eccesso dell’incivilimento. E però non c’è dubbio che i progressi della ragione e lo spegnimento delle illusioni producono la barbarie, e un popolo oltremodo illuminato non diventa mica civilissimo, come sognano i filosofi del nostro tempo, la Staël ec., ma barbaro; al che noi c’incamminiamo a gran passi e quasi siamo arrivati. La piú gran nemica della barbarie non è la ragione ma la natura (seguíta però a dovere);