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102 | pensieri | (19-20) |
ginativa, attribuirebbe a Dio (il cavallo sarebbe allora ragionevole, onde nessuno si scandalizzi di quel che dirò), e alle cose inanimate ec. ec. la figura e gli affetti e i pensieri del cavallo, e cosí gli altri animali (e questo pensiero non è mio ma dell’antico Senofane, perché molte cose son vecchie che si credono nuove, e molta sapienza è antica alla quale si crede che quei cervelli non arrivassero); non si avvede che, se la rosa sospira ed è innamorata, la rosa, nella mente del poeta, non è mica altro che una donna, e che voler supporre che questa rosa viva, e non viva come noi, se è possibile al metafisico, è impossibilissimo al poeta e agli uditori del poeta, che non sono mica i metafisici ma il volgo; e non si avvede che lo stesso lord Byron non ha saputo alla sua rosa e tutti i romantici non sapranno in eterno a nessunissima cosa dare altri affetti o sensi che umani, perché diversi affetti o sensi appena ci sappiamo persuadere che ci possano essere, non che possiamo immaginarci quali siano, ec. ec. Quanto all’arte di poetare e di scrivere che il Breme pare che disprezzi per la maggior parte, mi sbrigo in due parole. Questo imitar la natura, questo destare i sentimenti che voi altri volete, è facile o difficile? ognuno che li sente è sicuro, purché si metta a scrivere, di comunicarli subito agli altri, o no? Se sí, me ne rallegro, e avrò piacere di vederne l’esperimento; se no, se questa cosa è tra le difficili difficilissima, (20) se quand’uno ha concepito non ha fatto appena metà del cammino, se mille e centomila che provando affetti e sentendo vivamente hanno scritto non sono riusciti a muovere negli altri gli stessi affetti e non si leggono da nessuno, se infiniti esempi e ragioni provano quanto sia la forza dello stile e come una stessa immagine esposta da un poeta di vaglia faccia grand’effetto e da un inferiore nessuno, se Virgilio senz’arte non sarebbe stato Virgilio, se in poesia un bel corpo con vesti di cencio, dico, bei sensi senza bello