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5Ma la gran Donna a cui l’onor primiero
     Serbò l’eterna onnipotente mano,
     Libera nacque, e in se medesma vano
     Fè il nostro fallo e l’empio altrui pensiero.
Non già che avvinta non dovesse anch’ella
     10Scender tra noi, ma nol sofferse il Verbo,
     Perch’ei fora men chiaro, essa men bella;
E l’Avversario nel suo esiglio acerbo
     Rammentando a Maria che l’ebbe ancella,
     Avrìa giusta cagion d’esser superbo.


XII1


Spirto, che di spirare in me si degna,
     Nè so dove se ’n vada, onde derivi,
     Maria mostrommi un giorno, e disse: scrivi,
     Scrivi di Lei che sovra ogn’altra è degna.
5Io, com’uom, dentro cui virtù non regna
     Tanta che basti e alla gran meta arrivi,
     Pien di pensier ripiglio incerti, e schivi:
     E chi tant’alto a ragionar m’insegna?
O chi mi fa di tanta grazia dono
     10Ch’io sollevi il mio dir, sicchè di Lei
     Degno poi sia delle mie rime il suono?
Risponde: oltre cercando andar non dei:
     lo sarò teco, io che son quel che sono,
     E farò, che tu sia quel che non sei.


XIII2


Chi è costei che fa dell’Uom vendetta,
     E porta al Re d’Averno aspra fortuna,
     Terribile, com’oste che raduna
     Sue schiere in campo, e la battaglia aspetta?
5Bella è Maria; ben me ’l dicea l’eletta
     Bellissima sembianza, ancor che bruna:
     Ella è Maria che senza macchia alcuna
     Fu sovra il nostro uso mortal concetta.

  1. Alla medesima.
  2. A Maria N. D.