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     mi pose in vita sì dolce e soave,
     ch’io mi sentía dir dietro spesse fiate:10
     «Deo, per qual dignitate
     così leggiadro questi lo cor ave?»
Or ho perduta tutta mia baldanza,
     che si movea d’amoroso tesoro;
     ond’io pover dimoro,15
     in guisa che di dir mi ven dottanza.
     Sì che volendo far come coloro
     che per vergogna celan lor mancanza,
     di fuor mostro allegranza,
     e dentro dallo core struggo1 e ploro.20


Questo sonetto ha due parti principali; che ne la prima intendo chiamare li fedeli d’Amore per quelle parole di Geremia


2. spesse fiate. La lezione assai fiate, introdotta dagli Edd. Mil., piaciuta al Tod. e accettata dal Frat. e dal Giuliani, è variante peculiare di T.

10. celan. Il celar dato da k (e anche da V) non è da prendersi per un perfetto, ma è lo stesso che il celan degli altri Mss.: v. introduzione, p. cclxxx.

12. struggo. Così leggo in luogo di mi struggo, sebbene quest’ultima lezione abbia più largo fondamento nei codici, perché mi sembra dovesse tornar facile ai copisti sostituire, indipendentemente gli uni dagli altri, la forma più comune a quella doli’uso poetico. Anche nel son. di Guido CavalcantiA me stesso di me’ il v. 5 dev’essere e tutto struggo perch’i’ sento bene, ma per includervi il mi i copisti o hanno lasciato correre un verso ipermetro (come in Chig. L, VIII, 305, e. 56b) o hanno soppresso l’e iniziale. Cfr. nello stesso codice Chigiano: ma con più struggo più son aviato (n° 420, ‘I’ son sì magro’ v. 13, c. 105b), e nel Vat. 3793; anzi distrugo come [a] foco ciera (n° lxxvj, ‘La mia vita è sì forte’, v. 3, e. 22b), ardo e distrugo e consummo pur pensando (n lxxxxviij. ‘Dolgliosamente’, v. 35, c. 29ª). Frequente, specialmente con verbi d’affetto, l’omissione della particella riflessiva nell’uso antico: cfr. il Vocabol. alle voci contentare, dilettare, dolere, lamentare, rinnovellare, smarrire, tormentare, vergognare; e basti aggiungere qualche esempio per tormento e smarrisco fra i tanti che si potrebbero addurre: eo tuttor tormento | s’eo non ho siguranza (Mazzeo di Ricco ‘Lo core innamorato’, Chig. L, VIII, 305, n° 244, v. 34, 35); S’eo languisco e tormento | tutto in gio’ lo mi conto (Bonagiunta da Lucca, ‘Donna vostre bellezze’, Chig.

  1. b β mi struggo (Barb mistorcho).