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libello; e se non tutte, almeno la loro sentenzia.
Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo II cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti1 Beatrice, li quali non sapeano che si chiamare. Ella2 era in
sti a sostituire ad una forma letteraria la più usuale, asemplare, e non assemprare, parrà nel passo la forma preferibile, perchè S, e anche V, legge dasemplare, M di | semplare, e anche nel gruppo k troviamo dasemplarle in Am. Oltre a ciò comune è asemplare e asemprare per trascrivere, copiare codici e carte, ritrarre (Inf. XXIV,4); ma assemprare nel senso voluto dal Luciani non esiste: asembrare è nella stessa Vita Nuova (XXXIII 5) la forma del verbo usato a significare ‘raccogliere’. E che Dante in questo primo paragrafo intenda dire ‘ritrarre, trascrivere’ se n’ha la conferma dalla fine del § II.
5. La lezione assai vulgata libro, invece di libello, è data soltanto dal gruppo b. S’aggiunge contro di essa l’osservazione del Todeschini: «Poco prima Dante ha mentovato il libro della sua memoria: al paragone di questo libro era ben giusto che l’operetta breve e d’argomento tenue ch’egli si poneva a scrivere, non fosse chiamata che libello». E altre volte (avevano già avvertito gli Edd. Milanesi) Dante nella stessa Vita Nuova chiama libello questa sua opera (XXV 9; XXVIII 2). Così nel Conv. (II, 2) parlando di essa: E sì come è ragionato per me nello allegato libello.
8. gloriosa. La lezione graziosa, ignota ai Mss., è dovuta allo scrupolo religioso di Serm.; cfr. l’introduz., p. lxxix.
10. I Mss. sono concordi nella lezione li (o i) quali non sapeano che si (o chessi) chiamare, senz’altro. Le lezioni congetturali proposte: e quali non sapeano che si chiamare (Fratic. 1), li quali non sapeano che sì chiamare ella dirittamente si dovea (A. Borgognoni, Della lezione di un passo nella Vita Nova, Ravenna, stamp. nazionale, 1866; ristampato in Scelta di scritti danteschi del medesimo autore, Città di Castello, Lapi, 1897, Collez. di opusc. danteschi, nº 46-48, p. 189 ss.), non sapeano ch'essi chiamaro (Boehmer, cfr. p. ci), li quali non sapeano che si chiamasse (De Gubernatis in Riv. Europea, 1873, IV, 374), che sì si chiamasse (B. Bressan, appr. Todeschini, II, 9), che sie (cioè sia) chiamare (Th. Davidsohn, Dante Textcriticism, in Modern language notes, Baltimore, 4 aprile 1887), che sia chiamare oppure ch’è sì chiamare (A. Tobler in Archiv f. n. Sprachen u. Litter., XCVIII, 219) — sono emendamenti vani, poichè la lezione dei Mss. dà un senso ragionevole: fu da molti chiamata Beatrice i quali non sapevano che si chiamare, che nome proferire