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22 | VITA DI DANTE. |
adorno Latino et belle ragioni riprova tutti i vulgari d’Italia. Questo Dante per suo sapere fu alquanto presuntuoso et schifo et isdegnoso, et quasi a guisa di Philosopho mal gratioso non bene sapeva conversare co’ Laici, ma per l’altre sue virtudi et scientia et valore di tanto Cittadino ne pare, che si convenga di darli perpetua memoria in questa nostra Cronica, con tutto che per le sue nobili opere lasciate a noi in iscritture facciasi di lui vero testimonio et honorabile fama alla nostra Citta.» La taccia d’uom troppo libero nel favellare e di costumi alquanto aspri e spiacevoli gli si appone ancora da Domenico d’Arezzo e da Secco Polentone (Ap. Mehus l. c. p. 169.175). Al qual carattere Benvenuto da Imola aggiugne (l. c. p.1209) quello di una singolar astrazione di mente, allorquando immergevasi nello studio, e ne reca in pruova ciò che gli avvenne in Siena, ove essendosi abbattuto a trovar nella bottega di uno speziale un libro da lui fin allora inutilmente cercato, appoggiato a un banco si pose a leggerlo con tale attenzione, che da nona sino a vespero si stette ivi immobile, senza punto avvedersi dell’immenso strepito che menava nella contigua strada un accompagnamento di nozze, che di colà venne a passare.