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la romana e la cartaginese, la quale niuno mai si è sognato essere stata ordinata libera con le leggi di Grecia; lo che è tanto vero ch’in Cartagine era espressa legge che vietava a’ Cartaginesi sapere di greca lettera1. Ed uno scrittore sappientissimo di repubbliche non fa sopra ciò questa cotanto naturale e cotanto ovvia riflessione, e non ne investiga la cagion della differenza: — Le repubbliche romana ed ateniese, diverse, ordinate con le medesime leggi; e le repubbliche romana e cartaginese, simili, ordinate con leggi diverse? — Laonde, per assolverlo d’un’oscitanza sì dissoluta, è necessaria cosa a dirsi che nell’età di Polibio non era ancor nata in Roma cotesta favola delle leggi greche venute da Atene ad ordinarvi il governo libero popolare.

Questa stessa Degnità per la terza parte apre la via agli ambiziosi nelle repubbliche popolari di portarsi alla monarchia, col secondare tal disiderio natural della plebe, che non intendendo universali, d’ogni particolare vuol una legge. Onde Silla capoparte di nobiltà, vinto Mario capoparte di plebe, riordinando lo Stato popolare con governo aristocratico, rimediò alla moltitudine delle leggi con le «Quistioni perpetue».

E questa Degnità medesima per l’ultima parte è la ragione arcana perchè, da Augusto incominciando, i romani principi fecero innumerabili leggi di ragion privata, e perchè i sovrani e le potenze d’Europa dappertutto, ne’ loro Stati reali e nelle repubbliche libere, ricevettero il Corpo del diritto civile romano e quello del diritto canonico.

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Poiché la porta degli onori nelle repubbliche popolari tutta si è con le leggi aperta alla moltitudine avara che vi comanda, non resta altro in pace che contendervi di potenza non già con le leggi ma con le armi, e per la potenza comandare leggi per arricchire, quali in Roma furon l’Agrarie de’ Gracchi; onde



  1. Iustin., XX, 5: «Ne quis postea Carthaginiensis, aut literis græcis, aut sermoni studeret; ne aut loqui cum hoste aut scribere sine interprete posset». Ma fu un senatoconsulto provvisorio, dovuto a Suniato, nemico di Annone. Annibale, infatti,scriveva in greco.