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132 libro primo — sezione seconda

gener umano. Né Obbes l’arebbe altrimente pensato, se non gliene avesse dato il motivo la cristiana religione, la quale inverso tutto il gener umano, nonché la giustizia, comanda la carità. E quindi incomincia a confutarsi Polibio1 di quel falso suo detto: — che se fussero al mondo filosofi, non farebber uopo religioni; — che se non fussero al mondo repubbliche, le quali non posson esser nate senza religioni, non sarebbero al mondo filosofi.

xxxii

Gli uomini ignoranti delle naturali cagioni che producon le cose, ove non le possono spiegare nemmeno per cose simili, essi danno alle cose la loro propia natura, come il volgo per esemplo dice la calamita esser innamorata del ferro.

Questa Degnità è una particella della prima: — che la mente umana, per la sua indiffinita natura, ove si rovesci nell’ignoranza, essa fa sé regola dell’universo d’intorno a tutto quello che ignora.

xxxvi

La Fisica degli ignoranti é una volgar Metafisica, con la quale rendono le cagioni delle cose ch’ignorano alla volontà di Dio, senza considerare i mezzi de’ quali la volontà divina si serve.

xxxiv

Vera propietà di natura umana é quella avvertita da Tacito, ove disse2: «Mobiles ad superstitionem perculsæ semel mentes»;



    quitas, Tractatus secundum ductum disciplinarum, facultatum atque artium in gratiam curiosi lectoris concinnatus, Editio secunda priori quarta parte auctior (Lipsiæ, Sumptibus haeredum Ioh. Grossi, MDCC). Nel cap. IV, §§ 8-10 (pp. 190-203), si fa una critica spietata dell’Hobbes, ponendosi in rilievo le derivazioni della filosofia di lui da quella epicurea.

  1. Propriamente, Pol., VI, 56, dice: «Ἐἰ μέν γὰρ ἦν σοφῶν ἀνδρῶν πολίτευμα συναγαγεῖν, ἴσως οὐδὲν ἠν ἀναγκαῖος ὀ τοιο̃υτος τρόπος», alludendo a quell’eccesso di superstizione, onde di proposito deliberato, per motivi di opportunità politica, s’era voluto imbevere la vita pubblica e privata romana.
  2. Ann., I, 28.