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224 libro secondo


le cose nel loro incominciare e progredire devono esser condotte da essa provvidenza. «Fortuna» è detta da «fortus», che agli antichi significò «buono», onde dovettero stimare «buona» anco l’avversa fortuna, e per ciò: che anco nell’avversa la provvedeva voglia il bene degli uomini, e quindi gli uomini anco nell’avversa debbano benedire gli dèi; onde poi, per distinguerla dalla rea, la buona fortuna dissero «fors fortuna». «Fatum» è da «far faris», che significa «parlar certo e innalterabile», com’era il parlare delle formole romane; onde i giorni ne’ quali il pretore rendeva ragione, la qual concepiva con sí fatte formole, si dissero «dies fasti». Appunto come la formola della condennagione d’Orazio narra Livio che doveva lo re eseguire anco se ’l reo si fusse ritruovato innocente; nella stessa guisa che Giove dice a Teti, appo Omero, che esso non può far nulla contro a ciò ch’una volta avevano gli dèi determinato nel Consiglio celeste (forse anco da Grecia si portò a Roma cotal ordine di giudizi?), onde gli stoici vogliono Giove soggetto al fato. Ma i latini ed essi greci, quando intendevano Iddio che regge e governa tutto, dissero «gli dèi»: talché questo è ’l «fas deorum», dal quale cominciò il «fas gentium», le quali dapprima, come appieno dimostriamo in questi libri, osservavano scrupolosamente le formole delle leggi e de’ patti. Perché era stata pur volontá di Giove di convocare il Consiglio celeste, ed era stata pur volontá degli dèi di cosí (come potevano altramenti?) decretare. Ond’Omero intese il Fato essere la determinata volontá degli dèi, la quale, perocché sia col decreto determinata, non cessa pertanto d’essere volontá.

1292Dalle quali ed altre interminabili origini della lingua latina abbiamo in quest’opera tratto l’antichissima sapienza, non giá riposta dell’Italia, ma volgare di tutto il mondo delle nazioni; perché, essendoci accorti quella metafisica, la quale ne faceva il primo libro, esser una spezie di quella che poi qui chiamiamo «boria de’ dotti», alzammo la mente di meditare la fisica e la morale, ed applicammo a meditare ne’ Principi del Diritto universale, che è stato un abbozzo di questa Scienza.

CAPITOLO SECONDO

1293[693] L’uomo, per quanto è da’ fisici contemplato, egli è un ammasso di corpo e d’anima ragionevole; dalle quali due parti