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Or come giunse, gli dissi che posasse ogni cosa a quel modo, da che si poteva far di meno del piatto; e ch’io me ne starei tutto il dì in casa: però mi facesse dal traiteur allestire da desinare, e se n’andasse con Dio, perch’io mi sarei a colazione servito da me.
Poich’ebbi finito, gittai la foglia dalla finestra, e avrei gittato anche quella cartaccia — se non che correndo con gli occhi sul primo verso, m’invogliai del secondo e del terzo — e mi parve peccato a gittarla. Trassi una seggiola accanto alle invetriate, le chiusi, e mi assisi a leggere.
Era in istile francese di quel vecchio del tempo di Rabelais; e se non temessi di dir male, direi che ne fu esso l’autore. Era inoltre in caratteri gotici, e sì sbiavati dall’umido e dall’età che ebbi a penare a cavarne costrutto. E talora lasciai da parte quel foglio, e scrissi una lettera ad Eugenio — lo ripigliai — e tornai all’agonia dell’impazienza — ed io per guarirne, scrissi una lettera a Elisa — ma col pensiero vicino sempre a quel foglio; perchè la difficoltà m’instigava a diciferarlo.
Desinai; e poiché una bottiglia di prelibato vino di Borgogna mi ralluminò l’intelletto, mi ci misi più di proposito; e dopo tre ore dimedita-