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XLVI. | IL PASSAPORTO |
versailles
Non trovai difficile l’adito a monsieur le comte de B***. Aveva su lo scrittojo l’edizione di Shakspeare, e l’andava scartabellando. Nel farmi innanzi, mandai l’occhio a que’ libri perch’egli scorgesse che non m’erano incogniti — e dissi: Ch’io mi presentava senza introduttore, sapendo che avrei trovato in quell’appartamento un amico, e confidando ch’egli m’avrebbe introdotto: Eccolo, (e additai l’edizione) il mio concittadino, il grande Guglielmo Shakspeare: Et ayez la bontè, continuai invocando l’ombra sua, mon cher ami, de me faire cet honneur-là! —
Sorrise il conte a sì bizzarro cerimoniale, e vedendo ch’io aveva del pallido e dell’infermiccio m’indusse a pigliarmi una sedia d’appoggio; e mi v’adagiai; e affinchè le congetture su la mia visita irregolare non gl’imbrogliassero il capo, gli ridissi schiettissimamente i discorsi col librajo, che mi diedero animo a ricorrere a monsieur le comte, anzichè ad altr’uomo in Francia, per esporgli certo affaruccio che m’inquietava — E che è mai? disse il conte; me lo faccia sapere — Gli narrai