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capitolo settimo. | 127 |
― Allora state a sentire ― disse Dodò. ― Questa che vi racconto l’ho letta in un libro scritto tanti e tanti anni a dietro: è anzi la prima storia di topi che si conosca; e l’ha raccontata un grande poeta, il più grande poeta della razza degli uomini, un greco che si chiamava Omero. Ma io ve la riferisco in lingua topesca: si chiama La guerra dei topi e delle rane; attenti che incomincio.
Il topo istruito si ripulì la bocca, si soffiò il nasetto, tossì due o tre volte, e cominciò a parlare nel modo seguente:
C’era e c’era una volta un topolino,
Che alle granfie del gatto era scampato;
E, ardendo per la sete, andò vicino
A uno stagno da freschi alberi ombrato;
E seduto colà, proprio alla sponda,
Si rinfrescava la lingua nell’onda.
Mentr’ei beveva, un ranocchio loquace
Gli si fece da canto e a dirgli prese:
«Che fai? che cerchi qua? L’acqua ti piace?
Di che razza se’ tu, di che paese?