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ultime lettere d’jacopo ortis. | 27 |
volta lo stanco mietitore verrà a ristorarsi dall’arsura di giugno, esclamerà guardando la mia fossa: Egli egli innalzò queste fresche ombre ospitali! — O illusioni! e chi non ha patria, come può dire lascerò qua o là le mie ceneri?
20 novembre.
Più volte incominciai questa lettera; ma la faccenda andava assai per le lunghe; e la bella giornata, la promessa di trovarmi alla villa per tempo, e la solitudine — ridi? — L’altr’jeri, e jeri mi svegliava proponendo di scriverti; e senz'accorgermi, mi trovava fuori di casa.
Piove, grandina, fulmina: penso di rassegnarmi alla necessità, e di giovarmi di questa giornata d’inferno, scrivendoti. — Sei o sette giorni addietro s’è iti in pellegrinaggio. Io ho veduto la natura più bella che mai. Teresa, suo padre, Odoardo, la piccola Isabellina ed io, siamo andati a visitare la casa del Petrarca in Arquà. Arquà è discosto, come tu sai, quattro miglia dalla mia casa; ma per più accorciare il cammino prendemmo la via dell’erta. S’apriva appena il più bel giorno di autunno. Parea che la notte seguìta dalle tenebre e dalle stelle fuggisse dal sole, che uscia nel suo immenso splendore dalle nubi d’oriente, quasi dominatore dell’universo; e l’universo sorridea. Le nuvole dorate e dipinte a mille colori salivano su la volta del cielo, che tutto sereno mostrava quasi di schiudersi per diffondere sovra i mortali le cure della divinità. Io salutava a ogni passo la famiglia de’ fiori e dell’erbe che a poco a poco alzavano il capo chinato dalla brina. Gli alberi susurrando soavemente, faceano tremolare contro la luce le gocce trasparenti della rugiada, mentre i venti dell’aurora rasciugavano il soverchio umore alle piante. Avresti udito una solenne armonia spandersi confusamente fra le selve, gli augelli, gli armenti, i fiumi, e le fatiche degli uomini; e intanto spirava l’aria profumata delle esalazioni che la terra esultante di piacere mandava dalle valli e da’ monti al sole, ministro maggiore della natura. — Io compiango lo sciagurato che può destarsi muto, freddo, e guardare tanti beneficj senza sentirsi gli occhi bagnati dalle lagrime della riconoscenza. Allora ho veduto Teresa nel più bell’apparato delle sue grazie. Il suo aspetto per lo più sparso di una dolce malinconia, si andava animando di una gioja schietta, viva, che le usciva dal cuore; la sua voce era soffocata; i suoi grandi occhi neri aperti prima nell’estasi, si inumidivano poscia a poco a poco: tutte le sue potenze parevano invase dalla sacra beltà della campagna. In tanta