Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/13


prefazione. 11


mente il vero, e diceva di non sapere come si scrivesse ai potenti? Ma chi si faccia a contemplare i due insolubili problemi delle origini delle cose e degli ultimi destini della umanità con animo retto, senza occulti pensieri e per amore soltanto del vero, dirà che i dubbi del Foscolo eran naturalissimi. Quei dubbi aveano già travagliato le menti e i cuori d’innumerevoli generazioni, e travaglieranno l’intelletto dell’uomo per migliaja di secoli. Felici coloro che hanno mente e cuore foggiati a credere ciò che non intendono! In mezzo alle infinite tribolazioni di questo mondo troveranno sempre un grandissimo conforto nella loro fede sincera, che un Dio, giusto rimuneratore dei buoni, li compenserà, in regioni più serene, dei mali che sopportarono rassegnati in questo mondo. Ma questo divino beneficio è concesso a pochi; e i più che hanno sempre Iddio sulle labbra, nutron Satana nel cuore, perchè le loro opere sono malvagie ed empie. L’uomo invece che schiettamente dubita per amore del vero, ed anche senza una speranza di compenso in un’altra vita opera il bene quaggiù, è più religioso di quanti baciapile bazzicano quotidianamente nel santuario. Ugo Foscolo soperchiato dalle sciagure sue e della patria, spesso dubitava di una vita oltre la tomba, e disperava, ma per poco; lo spettacolo della bellezza della natura bastava per addormentare in lui tutti i dolori. Quante volte non diceva a sè stesso: Che cosa è l’uomo se tu l’abbandoni alla sola ragione fredda e calcolatrice? scellerato e scellerato bassamente. Dunque egli confidava in qualche altra potenza sovrumana, e guardandosi dal nuocere altrui, andava intanto consolandosi dei delitti e delle miserie della umanità vegliando sui libri dei grandi storici. Nell’Ortis, l’abbiamo già detto, Foscolo dipinge tutto sè stesso, e nella lettera del 19 gennajo, traluce schietta schietta l’anima sua continuamente ondeggiante tra il dubbio e la fede in una vita più quieta e beata. «Umana vita? sogno, ingannevole sogno! Ciò cui stendi avidamente la mano è un’ombra forse, che mentre è a te cara, a tal altro è nojosa. Sta dunque tutta la mia felicità nella vota apparenza delle cose che ora m’attorniano; e s’io cerco alcun che di reale, o torno a ingannarmi, o spazio attonito e spaventato nel nulla!» E poche righe dopo rivolgendo la sua infuocata parola al Sole, lo av-