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Durante il periodo di Agatocle, Lipara segue la politica delle città della costa settentrionale e si collega a Tyndaris; e poichè questa è collegata ad Agathyrnon, le tre città costituiscono un triangolo strategico che ebbe il suo vertice in Lipara.
Io credo che la lega ebbe soltanto scopo difensivo; chè sarebbe stata imperdonabile stoltezza, per uno stato piccolo, l’avventurarsi nella questiono punico-siceliota.
In ogni modo, ch’essa seguisse una politica differente da quella di Agatocle lo prova il fatto che Agatocle stesso nel 304 la assalì, quando essa, di nulla sospettosa, si godeva tranquillamente la pace (Diod. Sic. XX 101. 1). Largo bottino egli portò via, ma non ne godè, perchè una parte, quella che risultava dai ladronecci fatti ai tempii di Aiolos e di Hephaistos, perì nella tempesta.
Quando un’onda di Mamertini, passata al di là dei monti peloritani e nebrodici, invase la costa settentrionale, spingendosi fino ad Halaisa, le isole liparee restarono estranee alla lotta che Gerone impegnò con i Mamertini. Esse accolsero la flotta cartaginese, anzi io credo restassero fedeli alla causa punica, seguendo così quella politica che, dopo la pace tra Gerone e Roma e per tutta la prima guerra punica, regolò i paesi greci del settentrione della Sicilia.
Certo è che, già dal 260, Lipara veniva assalita a tradimento dal console Cneo Cornelio Scipione e difesa dai Cartaginesi accorsi da Palermo (Polyb. I 21. 4); e nel 252 in quelle isole si rifugiarono i Cartaginesi dopo la caduta di Thermai, ed in quest’anno il gruppo delle isole liparee cadde tutto in potere dei Romani (Diod. Sic. XXIII 20).
Secondo la narrazione pliniana, pur troppo povera ed inesatta, Lipara sarebbe divenuta un oppidum civium Romanorum: questo è certo ch’essa ottenne da Cesare il dritto latino, e per opera di Augusto la cittadinanza romana.
Nel tardo periodo dell’Impero, Cassio Dione (fr. 43. 1-15) ci dice ch’essa era luogo di relegazione.