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DOGMA DELLA MORTE


DIPINTO A PISOGNE (Lago d’Iseo).




Per i materialisti la morte annienta l’uomo, tronca ogni speranza: gioje e dolori, riso e pianto, dubbi e realtà, per essi tutto è compreso nella vita, nulla dopo di quella. Epperciò a rendere felice la vita dovevano logicamente volgere tutte le cure; così il pensiero che reclinava alla inesorabile morte diveniva un maggiore stimolo ai sensi per godere la vita. I poeti filosofi ricordavano la morte ai potenti al solo intendimento di invitarli a disprezzare le caduche grandezze, proclamando:

Breve et irreparabile tempus
Omnibus est vitæ; sed famam extendere factis,
Hoc virtutis opus.
                                                  Virg. Æneide.

L’epicureo Anacreonte soleva invece cantare: È forza morire anche non volendo; dunque a che non si gode la vita? (Ode. 25.) Convien godere la vita, quanto più vicina è la morte. (Ode. 11.) Ne’ banchetti de’ sensuali mettevasi sulle tavole un emblema della morte, perchè avvertisse d’esser solleciti a godere la vita; onde S. Paolo nella lettera ai