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Pazzia. — Ma tutti questi miracoli, ahimè! non durarono che pochi giorni; egli che nei concetti politici superò non solo i contemporanei, ma persino molti moderni, e prevenne nell’idea unitaria Mazzini e Cavour, era certamente un monomaniaco. Come, infatti concordano gli storici Re e Papencordt, se era grande nei concetti, era incerto e nullo nelle cose pratiche. Ben il mostrò, per esempio, quando avendo avuto in mano il suo nemico più grande, il prefetto di Vico, lasciavalo andare tenendone in ostaggio il figliuolo; e quando non approfitta della vittoria insperata sui Baroni.

Incapace, sempre, di prendere una risoluzione che non fosse teorica, credeva operare tutto in grazia dello Spirito Santo (Papencordt), con cui abbiamo veduto dar inizio alle sue imprese.

Confermossi vieppiù nella sua follia per una eresia sorta in quei giorni, secondo cui lo Spirito Santo dovea rigenerare il mondo, e sopratutto dal fatto, molto innocente per sè, che una colomba discese mentre egli mostrava al popolo uno dei suoi quadri allegorici. A quella attribuì il suo felice principio, come all’ispirazione profetica attribuì la vittoria contro il Colonna

    Dante e di Petrarca che furono loro ospiti! Chi sentì mai che Dante, Petrarca fossero scomunicati per le invettive così fiere contro la Corte Pontificia! Forse anche in quei tempi barbari la letteratura era circoscritta fra così pochi che poco influiva nella grande politica (nè molto si può dire vi contribuisca ora) e che la tolleranza poteva non essere altro che figlia di una giusta noncuranza — e anche di quella paurosa ammirazione che desta una cosa troppo rara.