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in lui è il fenomeno predominante. Da questo lato è bello raccogliere qui il giudizio di Spaventa, che sarebbe, con poche varianti, diviso da qualunque alienista:
«Ha un grande amore per la giustizia, ma la giustizia la concepisce in modo personale, vale a dire che ogni atto che egli creda ingiusto contro di lui è considerato da lui come un delitto, di cui egli applica la pena delle sue minaccie, delle sue ingiurie».
Anche Broglio e Pelosini deposero intorno a lui:
«Il suo impulso è nobile, ma finisce per mettersi dal lato del torto».
E Oliva: «Il punto di partenza è sempre giusto, ma si svia per strada» (Deposiz. Processo Sbarbaro, 1885).
Megalomania. — E s’aggiunge insieme il delirio erotico ed ambizioso, per cui egli, umile cittadino ed ammogliato per giunta, si crede alla vigilia di principesche nozze, di principesca progenie.
Pochi mesi fa, trovando a Savona uno scultore celebre, l’abbraccia esclamando: Ecco il genio (era lui!) che stringe la mano all’arte!
Una volta disse al Berti: Sbarbaro è capace di distruggere 25 generazioni (Deposiz. Berti; Processo).
«Fui giudicato (scrive egli di se stesso) nella medesima aula dove Galileo fu costretto a negare il moto della terra».
I suoi articoli politici recenti sono rigonfi di continue litanie di citazioni, e specialmente di nomi proprii seguiti ciascuno dalla scorta di un’ingiuria o di una lode, immeritata quasi sempre, sempre esage-