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Osservazioni generali intorno allo stile italico. 95

minima e veramente insignificante proporzione in rispetto a quelli combusti1.

Nella più avanzata età del ferro, invece, che è l’età etrusca, i due riti si trovano coesistenti e usati promiscuamente, ma forse con qualche prevalenza dell’umazione, almeno per le tombe etrusche-felsinee, dove due terzi dei sepolcri contengono scheletri, ed un terzo residui combusti. Questa commescolanza di riti vedesi anche nelle tombe dell’Etruria propria nei periodi seguenti.

Mentre, però, le scoperte mostrano il rito della cremazione come proprio dei più antichi stanziamenti italici, la tradizione mostrerebbe invece che, almeno nel Lazio e in Roma, l’uso primitivo fosse dell’umazione, a cui solo posteriormente seguì, facendosi generale, quello della cremazione2.

Virgilio accenna adunque all’esistenza d’un periodo di sistema misto, il quale appare anche dalla tradizione dei primi tempi di Roma. Secondo Plutarco, il re Numa fu sotterrato presso il Gianicolo, avendo egli stesso proibito d’essere arso; e questo implica che già allora, nel primo cinquantennio di Roma, la cremazione fosse in uso, secondo è confermato anche dalla notizia di Plinio (h. n., XIV, 14), che lo stesso re Numa avesse proibito lo spargere il vino sui roghi, e dalla citazione della legge delle XII tavole (tab. X, hominem mortuum in urbe ne sepelito neve urito), che ammette la contemporaneità dei due riti.

  1. Per es., nelle sepolture umbro-felsinee e di Villanova la proporzione sarebbe di 4 umati per 100 combusti.
  2. Questo risulta da esplicita dichiarazione di Cicerone nel de legibus (II, 22), ripetuta da Plinio (h. n. VII, 54). Nel libro XI dell’Eneide, Virgilio descrive i funerali dei caduti nella battaglia fra Rutuli e Troiani: nel campo troiano tutti i morti sono arsi, nel campo italico molti arsi e molti sotterrati.