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AVVERTENZA GENERALE

La donna, giá dai greci e dai romani fatta oggetto di lucenti glorificazioni o di volgari vitupèri; e quindi, come eccitatrice di acute, carnali dolcezze, perseguitata con aguzzi strali dai mistici scrittori cristiani, e dagli stessi, d’altra parte, esaltata ed indiata, quale sublime intermediario presso la divinitá sotto le apparenze della Vergine, col germogliare e fiorire de’ cavallereschi costumi corse trionfante le terre occitaniche, come fattrice di prodi, come stimolo alla virtú e dispensatrice di grazie; mentre pur brontolavano in disparte le satire misogine, e lieto s’innalzava lo spensierato canto goliardico.

Ma la massima sublimazione della donna accadde in Italia, allora che essa, da incitamento morale, passò a significare una ragione divina, quando fu incarnata dentro delle spoglie angeliche; quando l’Alighieri, associatala alla possa del suo genio, la portò di fronte a Dio, guida all’empirea visione. Ma la pura trascendenza dantesca si affievolí nel Petrarca, al quale Laura ora si presenta cinta di mistiche parvenze, ora lampeggia procace, suscitando fiamme di voluttá. Nell’opera poi del Boccaccio la donna viene ad essere rappresentata come strumento di piacere, come la femmina astuta e sensuale; ed è scevra di vita e di sinceritá quella idealizzazione di Fiammetta, ch’egli tardivamente tentò alla foggia dantesca. Poi, coll’aprirsi della primavera umanistica, la donna sbocciò, fiore olezzante, a significare la dolce compagna dell’uomo, soffusa di vergogna, ma vibrante di desiderio: pudicamente nuda, come la Venere botticelliana.

L’antico astrattismo trecentesco, l’ideale di virtú ciceroniano dei quattrocentisti, l’esaltazione lirica del Magnifico, il neoplatonesimo del Ficino e finalmente la scialba preziositá del Bembo