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ii - angoscia doglia e pena |
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affolato, che mi pareva che quelli furiosi amanti le volesseno
ingiottire vive vive. E questo non per altro, salvo che dicevano:
— Oh, che trecce, e bene ornate d’un scuffiotto d’oro! Oh, che
candido collo sotto alle colanne d’oro! Oh che occhi vaghi,
pieni di mortalissime saette! oh petto ben ornato di mammelle,
riposte nel busto alla fiorentina! oh leggiadra personcina, cinta
di catena d’oro o di coralli! oh busto divisato in mille modi!
oh maniche crispe e stese tagliate in piú di mille fogge, vera
catena umana! — Ma che dirò omai di quella parte che si distende
giú dalla cintura per fino al ricchissimo grembo? Per certo giá
mi manca il sapere e la pronunzia per la tanta pompa, che me
consuma solo pensandovi sopra. Perché dalla cintura in giú
vi resta quel profondissimo fonte pieno d’ingannevole liquore;
quella scurissima spelonca, che ogniora me spaventa pensandovi
sopra; quel gorgo, che sorbe i pesci di ciascuna sorte, nè
perciò mai se satolla. E, se pure ributta alcuna volta o purga,
getta una fezza, un fele, un tossico piú orribile d’un corpo
puzzolente, piú amaro di assenzo e piú mortifero di solimato.
Nondimeno quanti ornamenti, quanti vari colori, quanti diversi
drappi, quanti divisamenti dalla cintura in giú si portano e
fanno! Se fanno e portano per quel gorgo, per quella spelonca
e per quel fonte! Oh pompa, vanitá del mondo! Pompa, ruina
universale! Oh pompa, danno finalmente irrecuperabile! Ma, se
pur non credete a me, leggete il fatto d’Ercole, d’Achille, overo
di Ulisse, anzi di maggiore di questi: di Giove, di Apolline,
di Bacco e di Nettuno; di scrittori Vergilio, Ovidio, Tibullo,
Catullo, Properzio ed Ausonio; gran maestri Gigge, re di Lidia,
Minos di Candia, ed infiniti altri. Trovarete la pompa essere
stata cagione che siano precipitati in quel fosso, che intravano
con grande animo e maggior festa, nondimeno, appena intrati,
retiravano come strangosciati e privi di animo, anzi piangiolenti,
come se vedeno quelli che tornano dal sepulcro dil suo padre o di
suo figlio morto nuovamente. Di piedi attilati con piú delicate
pianelle, lavorate alla forestiera, coperte di drappo ricco, altro
non dico, nè quanto si spende in pompeggiare di piedi, cagion
di ogni nostro male. Percioché quelli piedi ed attilate gambucce