1185-1210 |
LE TRACHINIE |
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cane d’Ade tricipite, e dell’orrida
Echidna il figlio1, insuperabil mostro,
e, ai limiti del mondo ultimi, il drago2
che gli aurei pomi custodiva. E mille
e mille imprese altre affrontai; né alcuno
dalle mie braccia riportò vittoria.
E più non posso or muovermi, ridotto
sono un vil cencio, debellato, o misero,
dalla cieca sciagura, io che da nobile
madre m’ebbi pur nome, e figlio detto
sono di Giove che fra gli astri impera.
Ma questo ben sappiate: che, sebbene
nulla io sia più, né pur muovermi io possa,
anche cosí, punir saprò la donna
che m’ha ridotto a tanto. Oh, ch’ella appressi,
e apprendere potrà, ridirlo a tutti,
che, vivo e morto, io punir seppi i tristi.
CORO
Ellade tutta, o quanto lutto, o quanto
credo che avrai, se questo eroe morrà!
ILLO
Poi che di replicarti occasione,
padre, mi dài, sebbene soffri, ascoltami.
Nulla ti chiederò che non sia giusto;
ma non con tanta furïa, qual’è
quella ch’ora ti morde, orecchio prestami;
o saper non potrai donde allegrezza
tu brami, e in che, senza ragion ti crucci.