Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) I.djvu/110

1105-1132 AIACE 83

le mie parole udir non volle mai:
eppur, malvagio è l’uom privato, quando
sdegna ubbidire a chi regge il potere:
ché in nessuna città viger potrebbero
senza timor le leggi; e non potrebbe,
senza mora di tema e di rispetto
buon reggimento avere alcun esercito.
Convinto un uomo essere dee, per quanto
di membra saldo, che cadrà, se un fallo
commette, e sia pur piccolo: ché, sappilo,
l’uom che timore e reverenza alberga,
quegli va salvo. E, invece, una città
dove l’oltraggio, dove oprare è lecito
ciò che ciascuno brama, passerà
tempo, ma infine, dopo un corso prospero,
piomberà nell’abisso. Oh, sempre un equo
timor sussista, dico io, né alcuno
pensi di far quanto gli aggrada, e il fio
poi non pagar, con ciò che addolora.
Spesso mutan gli eventi. Era costui
ardente un giorno, e furïoso; ed oggi
superbire posso io, posso vietarti
di seppellirlo: ché, sepolcro dandogli,
entro la fossa piomberai tu stesso.
coro
Savie le lue sentenze. Or fa, che ai morti,
ingiurie, o Menelao, tu non arrechi.
teucro
Come stupir, se un uom di bassa origine5
fallisce, o amici, quando quei che vantano