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xii | PREFAZIONE |
Quale intimo cozzo piú duro che fra Clitennestra ed Agamennone, fra Elettra e Clitennestra, fra Eteocle e Polinice? Ma in Eschilo non li vediamo contendere a parole. O il contrasto è evitato, o si svolge in poche battute. Un odio mortale separa Clitennestra e sua figlia Elettra; ma nelle «Coefore» attendiamo invano che le due donne si incontrino sulla scena.
Quei contrasti sono invece i punti sui quali Sofocle si ferma con predilezione. Li afferra, li svolge. Poi indaga quali altri contrasti si possano con ovvia induzione far scaturire dalla materia mitica. E se questa non offre addentellati, inventa episodi e intrecci che ne giustifichino l’introduzione.
Né si potrebbe dichiarare ingiustificata né fatua questa passione per la sua scoperta. In realtà, se cerchiamo a fondo la essenza del contrasto, vediamo che esso è proprio l’anima del dramma.
I personaggi eschilei, come abbiamo detto parlando di Eschilo1, discutono poco. Hanno segnato ciascuno il suo compito fatale, e verso quello muovono con la inflessibilità di forze naturali, travolgendo facilmente ogni ostacolo che sbarri la via. Cosí non c’è vero urto di volontà che modifichi gli eventi. E i personaggi sembrano tutti mossi dal poeta. Non pare che camminino ancora da sé, l’aria non li avvolge da ogni parte. Non si può — direbbe Flaubert — girar loro intorno. Nei contrasto, invece, le volontà si manifestano. si esasperano, mandano faville nell’urto. Appaiono, nelle parole, via via, i motivi delle azioni, queste non sembrano piú prestabilite ed imposte, bensí rampollano col procedere degli eventi. I personaggi divengono realmente vivi, i fili spariscono, si vedono gli uomini, non piú i fantocci. Liberati dalla placenta dell’epica, che li teneva tuttavia impi-
- ↑ Vedi, in questa collezione, il volume Eschilo, introduzione.