tutte le schiere, che le sue parole
eran ben dette, e pei travagli un termine
ed una prova pel valor ponevano.
Ma l’altro, senza pur badare a quanti
udite avean le sue parole, senza
la taccia di viltà schivare, ei duce,
della lancia affrontar non ardí l’impeto,
ma dimostrò viltà somma; e veniva,
ei cosí fatto, a far prigioni i figli
d’Ercole! Ed Illo, dunque, si ritrasse.
E gl’indovini, come ebbero visto
che col duello addivenire a tregua
non si poteva, il sacrificio offrirono
senza piú indugio, dall’umana gola7
sprizzar fecero sangue salutifero.
Sui carri poi questi saliron, quelli
sotto il fianco agli scudi il fianco ascosero.
E il re d’Atene, come a nobil duce,
conviene, ai suoi parlò: «Concittadini,
questa terra ciascun deve difendere
che l’ha nutrito, che l’ha partorito».
Quell’albo, invece, pregò gli alleati
che ad Argo onta o a Micene non recassero.
E poi ch’alta la búccina tirrena
il segno diede, e l’una contro l’altra
s’azzuffaron le schiere, or quale strepito
che si levasse dagli scudi immagini,
e quali grida insieme, e quali gemiti?
E il primo cozzo dell’Argiva lancia
spezzò le nostre schiere; e poi tornarono
alla riscossa, e al secondo urto, piede
piantato contro piede, uomo contr’uomo,
stavan saldi alla pugna; e assai cadevano,