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ERCOLE 161

E, con un riso folle, disse: «O padre,
perché, prima che ucciso abbia Euristèo,
il fuoco accendo espiatore, e addoppio
il travaglio cosí, quando m’è lecito
compierlo tutto in una volta? Quando
la testa d’Euristèo qui porterò,
anche per quelli che son morti adesso,
pure le mani renderò. Spandete
l’acqua, le mani lascino i canestri.
Chi mi dà l’arco? Chi mi dà la clava?
A Micene m’avvio: leve e bidenti
prendere è d’uopo, e con l’intorto ferro,
dei Ciclopi le mura, a cui compagine
diede la subbia e la purpurea fune,
sconquassar nuovamente». E, cosí detto,
mosse; e dicea d’avere un carro, quando
non l’aveva, e facea gesto d’ascenderlo,
vibrando, come pur l’avesse, il pungolo.
Stavano i servi fra riso e terrore,
guardandosi l’un l’altro; ed uno disse:
«Con noi scherza il Signore? oppure è folle?»
Quello scorrazza su e giú, per tutta
la casa; e, giunto nella sala, dice
che la città di Niso7 è quella; ch’entra
in una casa; e si distende a terra
come si trova, e si dispone al pranzo.
Fu breve indugio. E poi, nel pian selvoso
dell’Istmo disse ch’era giunto, e qui,
sciolte le fibbie del mantello, ignudo,
una gara impegnò senza rivali.
Quindi silenzio impose, e proclamò,
di sé stesso precóne, il suo trionfo
contro nessuno. E orribili minacce