Strofe III.
Di fior’ cingiti, Ismene:
o vie di Tebe levigate, empietevi
di gioiose carole;
e voi, limpide vene
di Dirce, e voi, dell’Àsopo figliuole,
del padre abbandonate ora le linfe,
qui venite, e le glorie
belle, gli agoni d’Ercole,
con me cantate, o Ninfe.
Pito, rupe ch’ài d’alberi corona,
fanciulle d’Elicona,
Tebe e le sue settemplici
porte cantate. Qui balzâr dal suolo
gli Sparti, bronzei scudi: essi tramandano
da figliuolo a figliuolo,
della terra il retaggio:
questo è di Tebe il raggio.
Antistrofe III
Deh, uniche e diverse
nozze, dell’uomo e del Signore Olimpio,
che giacente sorprese
la nipote di Perse5!
Che fu tuo quel prodigio ora è palese:
contro ogni speme, o Giove, ora si vide
il tuo poter: tangibile
il tempo rese e fulgida
l’alta possa d’Alcide:
della terra gli abissi, e di Plutone
ei lasciò la magione.
Quanto dei nuovi príncipi