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xii | l’autore ai lettori. |
sioni, la facoltà di visitare con la memoria e l’immaginazione infinite generazioni d’uomini in infinite rivolture di tempi e di casi. Ora, nell’Inno a San Michele riesce cosa non comune e piena di varietà e di contrapposti singolari ed inaspettati il naturale trapasso che vi si fa dall’antichissimo al modernissimo, dal cielo alla terra, dall’Oriente all’Europa, dalla mitologia alla storia, e il temperarsi e intrecciarsi insieme e con facile legamento la teologia, la metafisica e la politica. O detto naturale trapasso e facile legamento; chè de’ troppo ingegnosi e reconditi non so lodar l’invenzione in nessun poeta e nemmanco nel Foscolo.
Nel descrivere poi la ribellione e la caduta degli angioli io non volli pigliar l’innanzi da alcuno e nemmanco dal Milton. Nè ciò mi sia ritorto in accusa di vanità; come se io intenda per un componimento sì breve e sì tenue di paragonarmi tanto o quanto a quel sommo ingegno. Da me a lui corre la disparità e la disproporzione appunto che da un pigmeo a un gigante di cento cubiti. Ma non mi sarà per questo interdetto di notare che, s’io non piglio errore massiccio, la conclusione del singolare conflitto avvenuto in cielo è rappresentata da me in modo più efficace e grandioso. Nel Paradiso Perduto del Milton, Dio stesso nella persona del Verbo, affine di sbaragliare Satana e le falangi ribelli, lascia le altezze inaccessibili del suo trono ed entra nella battaglia. E prima, si fa apprestare un cocchio non dissimile da quello che ci descrive Ezechiele, e montavi sopra armato d’arco e faretra, preceduto da un glorioso vessillo, accompagnato dalle miriadi degli angeli rimasti fedeli e stringendo in pugno non meno di dieci mila fulmini. Tutto questo apparecchio, per mio avviso, attenua in luogo di accrescere la maestà e potenza infinita di Dio. Invece, la mia invenzione sembrami dover risvegliare della giustizia